Agisci al plurale

team

Agisci al plurale. “Un sogno che si sogna da soli è solo un sogno. Un sogno che si sogna insieme è realtà.”
(John Lennon)

Agisci al plurale: collaborazione e individualità

Collaborare significa partecipare attivamente, per raggiungere il compimento di un lavoro o lo svolgimento di un’attività. All’interno dell’azienda la collaborazione è fondamentale, come relazione sinergica tra due o più realtà che lavorano insieme. Il fine precipuo è quello di produrre qualcosa di meglio di ciò che si potrebbe fare da soli.

“Collaborazione”, tuttavia, non deve essere in contrasto con “Individualità”.

Una delle più celebri massime sul lavoro di squadra, attribuita all’assistant coach dei Chicago Bulls, Tex Winter, recita: “There is no ‘I’ in ‘team’”. Si dice anche che la stella di quel team, Michael Jordan, replicò così: “But there is an ‘I’ in ‘win’”.

Vero: non c’è spazio all’individualismo nella collaborazione. Ma una collaborazione di successo richiede spazio all’individualità, oggi più che mai. Oggi che pensare di poter lavorare in solitudine è diventato quasi impossibile.

Non solo: anche noi stessi, individualmente, abbiamo un “team interno”, e siamo come una squadra composta da diverse personalità diverse, con diversi interessi e desideri, anche divergenti.

Agisci al plurale: collaborazione ed empatia

L’obiettivo della giornata dell’ io-professionista, per esempio, potrebbe non coincidere con quello dell’ io-in-famiglia. Ciascuno dà il meglio di sé se è in equilibrio con la propria vita, e quindi collaborare significa contribuire all’equilibrio reciproco.

Collaborare, specie oggi che le tecnologie ci danno accesso a strumenti sempre più efficaci e pervasivi di connessione (la magia – impensabile 15 anni fa – di una videocall) e di sharing (l’agilità di un documento di lavoro condiviso), diventa allora anche e soprattutto una questione di empatia, un delicato incastro di “frattali” tra il nostro “team interno” e i veri e propri “team esterni” di cui facciamo parte.

Condividere un obiettivo di progetto conta, eccome; ma collaborare con qualcuno per far sì che sia i nostri sia i suoi desideri ed esigenze più “sottili”, ne escano gratificati e valorizzati, è ciò che fa la differenza nel nostro (e nell’altrui) work-life balance.

Il consiglio: collabora di più e meglio, con gli altri e con te stessa/o. Nell’era dello sharing, a essere “condivisi” non sono solo i progetti e gli obiettivi, ma anche le persone, i loro valori, le loro sensibilità, i loro multipli desideri: impegnati a far sì che tutto – non solo il risultato del progetto – ne esca migliorato. Anche perché se impari a rispettare il tempo degli altri, gli altri impareranno a rispettare il tuo.

Agisci al plurale: fatti le domande giuste

Cosa posso fare concretamente per facilitare la collaborazione a tutto tondo nel mio team?
Come tengo conto delle esigenze e dei desideri “vitali” delle persone con cui collaboro?
Quali domande faccio ai miei colleghi per stimolarli e arricchire le mie e le loro idee?
Come valuto il mio livello di ascolto attivo? E come potrei miglioralo?

L’allenamento

Allenamento #1 – Tecnologia per collaborare

Per una settimana, segui alcune semplici regole per utilizzare la tecnologia in modo collaborativo, non solo finalizzato al raggiungimento di un dato obiettivo, ma anche rispetto alle esigenze delle altre persone:
Trasparenza: condividi la tua agenda e fa’ in modo che gli altri condividano la propria con te.
Pulizia: tutte le volte che puoi, metti al massimo 3 persone in copia conoscenza in un’email, per evitare la moltiplicazione di informazioni che potrebbero prendere attenzione inutile dagli altri.
Allineamento: lavora su documenti condivisi, per evitare sforzi superflui e sprechi di tempo (per esempio, per non lavorare in parallelo su versioni diverse dello stesso file).
Accuratezza: invia email mirate e concise, 5-10 righe al massimo, con un oggetto inequivocabile e una struttura dei contenuti comprensibile a colpo d’occhio.
Empatia: invia email solo in ore rispettose (“sociable hours”), evitando le sere e i weekend, limitandoti a comunicare ciò che l’altra persona si aspetta di sapere da te, o ciò che è rilevante per lei.

Allenamento #2 – Intelligenza collettiva

Per un settimana, segui 7 semplici regole per collaborare e creare insieme agli altri soluzioni innovative, frutto di intelligenza collettiva.
Non mettere in crisi le idee degli altri, ma incoraggiali a generarne di nuove “rilanciando” sulle loro (evita “sì, ma…” e usa il “sì, e…”).
Rispetta le regole del brainstorming, non solo nelle sessioni dedicate, ma in ogni momento di condivisione e scambio di idee con altre persone. Separa la fase creativa di generazione delle idee (fase divergente) dal giudizio (fase convergente): quando sei nella prima, “surfa” in libertà tra le idee degli altri e, solo nella seconda, esprimi con chiarezza e rispetto il tuo consenso o dissenso.
Facilita il pensiero collettivo: connetti e metti in relazione le tue idee con quelle degli altri e quelle degli altri tra loro (“la tua idea mi fa pensare a…”)
Ascolta in modo attivo, fai domande agli altri per capire meglio come e cosa pensano. Coinvolgi, offri e chiedi suggerimenti e consigli.

Relativizza: parti dal presupposto che le tue convinzioni sono un punto di vista, non un dogma inderogabile. Mettiti in discussione, invita gli altri a sfidare le tue idee e cerca continuamente spunti per migliorare il tuo pensiero con l’aiuto degli altri.
Occhi sempre chiusi e attenzione sul respiro ti aiuteranno a prendere sonno rapidamente.
Nessuna distrazione: il “flight mode” del telefono è il tuo miglior amico!

Tamarri: per una tecnologia all’insegna dell’empatia! 😉

Agisci al plurale

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Agisci al plurale. “Un sogno che si sogna da soli è solo un sogno. Un sogno che si sogna insieme è realtà.”
(John Lennon)

Agisci al plurale: collaborazione e individualità

Collaborare significa partecipare attivamente, per raggiungere il compimento di un lavoro o lo svolgimento di un’attività. All’interno dell’azienda la collaborazione è fondamentale, come relazione sinergica tra due o più realtà che lavorano insieme. Il fine precipuo è quello di produrre qualcosa di meglio di ciò che si potrebbe fare da soli.

“Collaborazione”, tuttavia, non deve essere in contrasto con “Individualità”.

Una delle più celebri massime sul lavoro di squadra, attribuita all’assistant coach dei Chicago Bulls Tex Winter, recita: “there is no ‘I’ in ‘team’”. Si dice anche che la stella di quel team, Michael Jordan, replicò così: “but there is an ‘I’ in ‘win’”.

Vero: non c’è spazio all’individualismo nella collaborazione. Ma una collaborazione di successo richiede spazio all’individualità, oggi più che mai, oggi che pensare di poter lavorare in solitudine è diventato quasi impossibile.

Non solo: anche noi stessi, individualmente, abbiamo un “team interno”, e siamo come una squadra composta da diverse personalità diverse, con diversi interessi e desideri, anche divergenti.

Agisci al plurale: collaborazione ed empatia

L’obiettivo della giornata del io-professionista, per esempio, potrebbe non coincidere con quello dell’ io-in-famiglia. Ciascuno dà il meglio di sé se è in equilibrio con la propria vita, e quindi collaborare significa contribuire all’equilibrio reciproco.

Collaborare, specie oggi che le tecnologie ci danno accesso a strumenti sempre più efficaci e pervasivi di connessione (la magia – impensabile 15 anni fa – di una videocall) e di sharing (l’agilità di un documento di lavoro condiviso), diventa allora anche e soprattutto una questione di empatia, un delicato incastro di “frattali” tra il nostro “team interno” e i veri e propri “team esterni” di cui facciamo parte.

Condividere un obiettivo di progetto conta, eccome; ma collaborare con qualcuno per far sì che sia i nostri sia i suoi desideri ed esigenze più “sottili” ne escano gratificati e valorizzati, è ciò che fa la differenza nel nostro (e nell’altrui) work-life balance.

Il consiglio: collabora di più e meglio, con gli altri e con te stessa/o. Nell’era dello sharing, a essere “condivisi” non sono solo i progetti e gli obiettivi, ma anche le persone, i loro valori, le loro sensibilità, i loro multipli desideri: impegnati a far sì che tutto – non solo il risultato del
progetto – ne esca migliorato. Anche perché se impari a rispettare il tempo degli altri, gli altri impareranno a rispettare il tuo.

Agisci al plurale: fatti le domande giuste

Cosa posso fare concretamente per facilitare la collaborazione a tutto tondo nel mio team?
Come tengo conto delle esigenze e dei desideri “vitali” delle persone con cui collaboro?
Quali domande faccio ai miei colleghi per stimolarli e arricchire le mie e le loro idee?
Come valuto il mio livello di ascolto attivo? E come potrei miglioralo?

L’allenamento

Allenamento #1 – Tecnologia per collaborare

Per una settimana, segui alcune semplici regole per utilizzare la tecnologia in modo collaborativo, non solo finalizzato al raggiungimento di un dato obiettivo ma anche rispetto alle esigenze delle altre persone:
Trasparenza: condividi la tua agenda e fa’ in modo che gli altri condividano la propria con te.
Pulizia: tutte le volte che puoi, metti al massimo 3 persone in copia conoscenza in un’email, per evitare la moltiplicazione di informazioni che potrebbero prendere attenzione inutile dagli altri.
Allineamento: lavora su documenti condivisi, per evitare sforzi superflui e sprechi di tempo (per esempio, per non lavorare in parallelo su versioni diverse dello stesso file).
Accuratezza: invia email mirate e concise, 5-10 righe al massimo, con un oggetto inequivocabile e una struttura dei contenuti comprensibile a colpo d’occhio.
Empatia: invia email solo in ore rispettose (“sociable hours”), evitando le sere e i weekend, limitandoti a comunicare ciò che l’altra persona si aspetta di sapere da te, o ciò che è rilevante per lei.

Allenamento #2 – Intelligenza collettiva

Per un settimana, segui 7 semplici regole per collaborare e creare insieme agli altri soluzioni innovative, frutto di intelligenza collettiva.
– Anziché “del Diavolo”, fa’ “l’Avvocato dell’Angelo”: non mettere in crisi le idee degli altri ma incoraggiali a generarne di nuove “rilanciando” sulle loro (evita “sì, ma…” e usa il “sì, e…”).
Rispetta le regole del brainstorming non solo nelle sessioni dedicate ma in ogni momento di condivisione e scambio di idee con altre persone. Separa la fase creativa di generazione delle idee (fase divergente) dal giudizio (fase convergente): quando sei nella prima, “surfa” in libertà tra le idee degli altri e, solo nella seconda, esprimi con chiarezza e rispetto il tuo consenso o dissenso.
Facilita il pensiero collettivo: connetti e metti in relazione le tue idee con quelle degli altri e quelle degli altri tra loro (“la tua idea mi fa pensare a…”)
Ascolta in modo attivo, fai domande agli altri per capire meglio come e cosa pensano. Coinvolgi, offri e chiedi suggerimenti e consigli.

Relativizza: parti dal presupposto che le tue convinzioni sono un punto di vista, non un dogma inderogabile. Mettiti in discussione, invita gli altri a sfidare le tue idee e cerca continuamente spunti per migliorare il tuo pensiero con l’aiuto degli altri.
Occhi sempre chiusi e attenzione sul respiro ti aiuteranno a prendere sonno rapidamente.
Nessuna distrazione: il “flight mode” del telefono è il tuo miglior amico!

Tamarri: per una tecnologia all’insegna dell’empatia! 😉

La legislazione che regola i carrelli elevatori

la legislazione del carrello elevatore

La legislazione che regola i carrelli elevatori può essere un infallibile vademecum per il proprietario del muletto e per una corretta analisi del rischio.

norme che regolano il carrello elevatore

La legislazione che regola i carrelli elevatori: uno strumento di controllo

Chiunque possieda un carrello elevatore  è tenuto a rispettare rigorosamente le attività di manutenzione  e dei controlli di sicurezza che devono essere effettuati sul carrello per legge e fino all’esaurimento della sua attività lavorativa.

E’ sempre più forte e condivisa, presso le aziende che si occupano di movimentazione, la necessità di disporre di un parco carrelli efficiente e sicuro per tutti coloro che operano in questo comparto.

In Italia la legislazione relativa ai carrelli elevatori e alle  attrezzature del settore viene regolata da norme molto precise e rigorose rivolte al costruttore, al distributore, all’utilizzatore ed al servizio assistenza.  Si tratta di un settore che, se non ben tutelato, può comportare, e ha comportato, infortuni sul lavoro molto seri. Per questo è un comparto particolarmente attento alla sicurezza.

Per un controllo periodico ed efficace del carello, la manutenzione preventiva e programmata è un impegno imprescindibile per garantire la funzionalità ottimale di tutte le sue componenti principali, dal sistema frenante al gruppo di sollevamento, fino al sistema di comando.

Decreti e circolari che regolano i carrelli elevatori

Analizziamo insieme solo alcuni tra i più importanti decreti che regolano il comparto dei carrelli elevatori. Tra questi, l’unica legge che è stata rivista e ormai superata è il D.P.R. 547 del 1955.  Questa norma si occupava della prevenzione degli infortuni sul lavoro e rappresentava un riferimento fondamentale sia per i costruttori che per chi utilizza i carrelli elevatori.

Nonostante sia stata poi superata, in seguito alla progressiva evoluzione dei mezzi, questa legge rimane tuttora un importante punto di riferimento per costruttori e tutti gli operatori del settore.

Gli altri decreti e circolari relativi ai mezzi di movimentazione, forniscono indicazioni, taluni ai costruttori, altri ai distributori, ai datori di lavoro e all’operatore che lo utilizza.

In particolare è rivolto al costruttore il D.L. 304 del 10 settembre 1991 che indica le specifiche tecniche e le prove da eseguire sul carrello, rispettando le direttive comunitarie 6/663 e 89/240.

Rivolto al costruttore è anche il D.P.R. 459 del 24 luglio 1996 (Direttiva Macchine) che, sempre in riferimento alle direttive comunitarie, tutela i criteri di sicurezza, la salute dell’operatore e i requisiti dell’ambiente in cui opera il carrello. E ancora il D.I.R. 73/23 che definisce i requisiti del materiale elettrico fornito dal costruttore.

Particolarmente importante la Circolare 8/2001 Ministero dell’Industria-Carrelli Elevatori, per ridurre il rischio, purtroppo ancora molto diffuso, di rovesciamento accidentale del carrello.

Le norme che regolano le attrezzature

Come dicevamo i decreti non regolano solo le disposizioni relative al carrello elevatore, ma riguardano anche le attrezzature. E’ rivolta al datore di lavoro ma anche al lavoratore, il D.L. 626/94 del 19 settembre 1994, la legge generale che tutela la sicurezza sul lavoro. In particolare, richiede azioni di manutenzione periodica per garantire nel tempo funzionalità e attinenza ai requisiti tecnici di sicurezza richiesti.

catene di sollevamento

Non solo controlli di sicurezza  da effettuare sul carrello con l’obbligo di fornire  le istruzioni d’uso, ma anche verifica periodica e costante degli organi di sicurezza, delle catene di sollevamento, delle forche, degli schermi protettivi delle parti in movimento, delle targhette di identificazione. Dunque, la legge 626 nell’art.35 comma 4 lettera c, estende l’obbligo di manutenzione periodica anche a tutte le attrezzature.

Così come il D.I.R. 95/63 che definisce i requisiti minimi di sicurezza e salute nell’uso delle attrezzature di lavoro che il datore di lavoro deve obbligatoriamente adottare, e le modalità di sicurezza che gli operatori devono obbligatoriamente adottare.

Per una verifica controllata e condivisa con le Autorità di Vigilanza  lungo un periodo di 5 anni dalla data dell’ultima registrazione oppure fino alla messa fuori servizio, il D.L. 359 del 4 agosto 1999 richiede al datore di lavoro di effettuare i controlli periodici e registrarne i risultati. Il documento prodotto “seguirà” la macchina ovunque verrà utilizzata.

Naturalmente alcune circolari come la Circolare 3/2001 Ministero del Lavoro “ricordano” le verifiche periodiche a cui provvedere in materia di carrelli elevatori e relativi accessori.

Per maggior chiarezza,  il D.L. 81/08 (art. 71 comma lettera a e lettera b) recita testualmente:

“a) le attrezzature siano oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza”

“b) siano curati la tenuta e l’aggiornamento dei registri di controllo delle attrezzature di lavoro”.

Controllo e verifica degli organi di sollevamento

Gli organi di sollevamento rappresentano la parte cruciale di tutto il carrello a livello funzionale, quindi anche per quanto concerne la sicurezza dell’operatore. In particolare il controllo delle catene è regolato dal D.P.R. 547 del 1955 (art. 179). Questo articolo stabilisce che debbano essere sottoposte a verifiche trimestrali.

E’ tassativo il dovere di sostituirle tempestivamente qualora si evidenzi una condizione di usura o un allungamento che superi la misura indicata dal costruttore.

Per questo sarà opportuno verificare la lunghezza delle catene attraverso gli appositi strumenti di precisione come calibri o righe millimetrate.

Infine il controllo dei tubi idraulici deve essere eseguito almeno una volta all’anno ed è regolato dalla circolare del Ministero del Lavoro del 1 febbraio 1979 n. 9.  La circolare prevede un’analisi visiva dello stato dei tubi e dei loro raccordi. Inoltre stabilisce che  i tubi in pressione debbano essere sostituiti almeno ogni 2 anni.

La Tamarri S.r.l. : un partner competente

Nel prossimo articolo ci occuperemo della manutenzione e smaltimento delle batterie da trazione, e della formazione del personale che opera nel complesso settore dei carrelli elevatori.

La Tamarri S.r.l. è un partner competente da sempre impegnato sul fronte della tutela della sicurezza. E’ a tua disposizione per aiutarti a comprendere meglio la legislazione e per fornirti gli strumenti necessari per adempiere alle norme in vigore. Calibri, righe millimetrate, e ancora taglia-catene e altri strumenti di precisione, tutto a tua disposizione!😉

Tra prodotti disinfettanti e linee guida: verso la Fase 2

Prodotti disinfettanti e strumenti correlati: i prodotti più rigorosi in tempo di coronavirus, con attenzione agli strumenti accessori e al loro trattamento, per un’igiene sicura.

Conoscere per difendersi

Dal Ministero della Salute provengono le linee fondamentali per igienizzare in modo sicuro e proteggere al meglio le nostre case, i nostri studi, le nostre aziende, in questo momento in cui l’igiene è più che mai importante. Ma ripassiamo insieme alcuni aspetti fondamentali.

Ormai sappiamo tutti come si diffonde il coronavirus. Si tratta di un virus respiratorio che si propaga soprattutto attraverso il cosiddetto effetto dropplet, cioè il contatto con le goccioline del respiro di un soggetto infetto.

Ma fino a quale distanza si propagano le famigerate goccioline? La loro distanza varia a seconda del tipo di emissione. Un respiro avrà una lunghezza di propagazione ben inferiore a quello di un colpo di tosse o di uno starnuto. Pensate, infatti, che le goccioline di uno starnuto, secondo un recente studio, possono arrivare a raggiungere una distanza di circa 8 metri!

Di qui le misure precauzionali, consigliate dal Ministero della Salute, che ognuno di noi, nel dubbio, deve necessariamente rispettare. Come ad esempio, oltre al distanziamento, l’accortezza di starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso. Ricordarsi di gettare sempre i fazzolettini utilizzati in un cestino chiuso da svuotare di frequente. E ancora, lavarsi le mani immediatamente dopo e, comunque, frequentemente, con acqua e sapone o con soluzioni alcooliche.

Dal Ministero della Salute le indicazioni per pulire in sicurezza

Ancora il Ministero della Salute ci indica le linee per l’igienizzazione delle superfici. Le informazioni che abbiamo a disposizione suggeriscono che il Covid-19 riesca a sopravvivere 9 giorni, a seconda della temperatura ambientale, dell’umidità e di altri parametri.

Difficilmente però la carica infettiva sulle superfici raggiunge valori che rendano necessaria la disinfezione sistematica di tutto ciò che viene in contatto con l’ esterno e con le altre persone.

Verso la riapertura delle aziende e delle attività commerciali

Dal 4 maggio entreremo nella cosiddetta fase 2 seguendo il criterio di “scaglionare” le riaperture.

I divieti non scompariranno, ma li sentiremo meno oppressivi. Gli imprenditori, i liberi professionisti e i commercianti che hanno dovuto chiudere le loro attività per osservanza ai decreti precedenti hanno continuato a lavorare a porte chiuse, programmando la riapertura.

Naturalmente la loro programmazione dovrà fare i conti con quella prevista dal Governo. Ma le misure precauzionali saranno percorribili da imprese e attività commerciali? Ci auguriamo di sì.

Uno dei primi aspetti che dovranno affrontare le attività in riapertura sarà, senz’altro, quello dell’igienizzazione dei locali secondo le prime prescrizioni ministeriali. Pare che tali prescrizioni possano divenire più severe e impegnative per le imprese e le varie attività. Infatti da parte del Ministero si sta addirittura prendendo in considerazione la sanificazione per ben due volte al giorno dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago. E’ evidente che questo potrebbe comportare una serie di problematiche piuttosto complesse.

Premesso ciò, come abbiamo già scritto, la soluzione per una sanificazione sicura nella lotta contro virus e batteri, è l’utilizzo di disinfettanti a base di alcol o di cloro al 70%. Tuttavia, se parliamo di sanificazione di aziende o attività commerciali, è importante puntualizzare che è vietato l’utilizzo di alcol in quanto infiammabile.

Non sono invece considerate efficaci, candeggine delicate o per colorati, perché non contengono ipoclorito di sodio, ma sbiancanti a base di ossigeno. Anche le formulazioni in gel non risultano efficaci in quanto hanno concentrazioni troppo basse di questo composto, solo il 2%.

La migliore pulizia per gli ambienti domestici

Molti pensano, in tempo di coronavirus, che per gli ambienti domestici sia necessaria una pulizia diversa da quella consueta. In realtà con le opportune precauzioni e qualche espediente in più per non sconvolgere le abitudini quotidiane, potremo proceder con la solita routine. Anzi, approfitteremo di questo articolo per ricordare alcune regole di base e di buonsenso per l’igienizzazione della nostra casa o del nostro ufficio, da applicare sempre, indipendentemente dalla situazione d’emergenza in cui ci troviamo.

Norme igieniche severe devono rigorosamente essere applicate in ambienti sanitari, mentre in quelli domestici basterà qualche scrupolo in più del solito per proteggersi da ospiti indesiderati.

Naturalmente se ci si trovasse a convivere con una persona infetta, gli accorgimenti dovranno essere diversi.

Detersivi e detergenti generici: solo per rimuovere lo sporco

La funzione di detersivi e detergenti è quella di rimuovere lo sporco e mantenere un ambiente domestico in buone condizioni igieniche. Tuttavia questo tipo di prodotti non è efficace contro batteri e virus, ma servono soltanto a ridurne la permanenza sulle superfici.

Presidi medici chirurgici: efficaci contro il coronavirus?

I presidi medici chirurgici si riconoscono perché in etichetta riportano il simbolo della croce rossa. Hanno la funzione specifica di combattere, ma non di eliminare completamente, virus e batteri. Oltre, naturalmente, a quella di agire come prodotti altamente disinfettanti.

Tuttavia si tratta di prodotti a base di benzalconio cloruro in concentrazione tra 0,35% e 0,5% che, secondo le fonti, è poco efficace sul coronavirus.

Come sanificare gli ambienti di passaggio

Come abbiamo già scritto alcol e ipoclorito di sodio, cioè la comune candeggina, grazie alla loro composizione chimica sono sostanze efficaci contro il coronavirus. Possono essere usate in ambito domestico per sanificare le superfici, opportunamente diluiti in acqua, secondo la percentuale indicata.

Teniamo conto che questi prodotti sono irritanti per la pelle, l’alcol è infiammabile e l’ipoclorito di sodio è inquinante per l’ambiente acquatico.

Tuttavia, in effetti, in questo momento di attacco virale, rappresentano le soluzioni più efficaci. Sono anche i prodotti meno costosi per disinfettare gli ambienti e le superfici di passaggio della nostra casa e dell’azienda.

Per superfici di passaggio intendiamo il pavimenti degli ingressi, ma anche le maniglie, e tutto ciò che tocchiamo con le mani sporche, come chiavi, citofono, interruttori della luce e pulsanti in generale. Insomma tutte quelle superfici delle quali troppe volte ci dimentichiamo.

Se ne deduce, dunque, che non è necessario spargere prodotti invasivi per tutto l’ambiente-casa o azienda. Basterà disinfettare solo le superfici che sono più esposte all’esterno.

Maniglie e dintorni… per non tralasciare nessun dettaglio

Dobbiamo essere sicuri delle nostre maniglie, degli interruttori, ma anche della tastiera del computer e di tutti i devices, dal computer stesso allo smartphone fino al padlet. L’igienizzazione migliore sarà quella di passare la superficie con un pezzo di carta oppure con del cotone, imbevuti di alcol puro.

Ricordiamoci di non trascurare gli occhiali sempre vicini agli occhi. Sappiamo che tra i bersagli preferiti del coronavirus ci sono anche gli occhi che potrebbero essere colpiti da gravi forme di congiuntivite. Per questo occupiamoci anche dei nostri occhiali, che siano da vista o da sole, lavandoli con acqua tiepida e sapone.

Pulire in sicurezza: le precauzioni quando si fanno le pulizie

Quando puliamo, in generale, è sempre meglio utilizzare i guanti per non rovinarci le mani e per non assorbire sostanze tossiche a livello epidermico.

Quando poi si usano candeggina e alcol, è necessario aggiungere ai guanti anche l’uso degli occhiali. Questo ci permetterà di ripararci da eventuali e pericolosi schizzi.

Perché, poi, la sanificazione sia veramente tale e non una semplice igienizzazione, è necessario che, alcol e candeggina vengano utilizzati poco diluiti perché, in caso contrario, non si raggiungerà la concentrazione efficace per ottenere una vera sanificazione.

Spugne, stracci, alleati o nemici?

Spugne e stracci sono accessori fondamentali durante la nostra igienizzazione. Ma c’è un dettaglio che non andrebbe mai trascurato, e in tempo di coronavirus ancora meno.

Lo sapevate che le spugne possono contenere moltissimi germi? Pensate che secondo un recente studio esse possono contenere fino a 54 miliardi di germi in 1 cm cubo. Dalla padella alla brace. Ma il rimedio c’e. Cambiare le spugne ogni 1/3 settimane. La comparsa di cattivo odore è il campanello d’allarme che ci avvisa della presenza di germi al loro interno. Meglio gettarle prima che questo si verifichi!

Per gli stracci la situazione è di poco meno allarmante.

Normalmente ci serviamo di loro per detergere le superfici dei piani di lavoro e dei pavimenti in tutta la casa. Quindi dobbiamo essere rigorosi nel dividere bene gli stracci per colore, al fine di evitare la commistione tra panni usati per la pulizia di aree di diversa tipologia, ad esempio un sanitario e una cucina.

Questa scrupolosa distinzione “a colori” deve essere osservata sia per la fase della spolveratura, della detersione, fino alla sanificazione. Per questo sono stati fissati dal Dec. Leg n. 81/08 i colori dei panni che convenzionalmente vengono utilizzati per le diverse superfici. Nello specifico, il blu viene convenzionalmente destinato alle superfici per mobili ufficio, verde per la cucina, giallo bagno lavabo piastrelle, rosso per wc.

Questo vale soprattutto per i luoghi di lavoro, dalle imprese, ai locali di ristorazione fino agli studi professionali. Sarà comunque un buon criterio da seguire anche nelle nostre case.

Al termine del loro utilizzo, gli stracci e i panni, devono essere lavati a 60° con detersivo igienizzante. Volendo evitare di lavarli tutte le volte, magari per concludere tutto in modo più veloce ma ugualmente sanificante, risultano molto pratici i panni monouso.

Per continuare a crescere ancora

Abbiamo cercato di fornirvi le linee guida fondamentali da seguire per continuare  a “far impresa” al meglio. Anche al tempo del coronavirus: per aver cura di tutti coloro che contribuiscono a rendere grande un’azienda!